Ci sono alcuni muscoli che in questi ultimi decenni si sono guadagnati “grande fama”: se si menzionano il muscolo ileo psoas o il muscolo piriforme di certo si innescano riferimenti, tesi, scuole, approcci, anche discordanti, proposte di trattamento.
Ma se si cita il muscolo piccolo pettorale? A cosa si fa riferimento di norma? Come e quanto viene considerato ai fini riabilitativi e rieducativi?
Correttamente esso rappresenta un passaggio anatomico che può divenire la terza possibile strettoia che inquadra la sindrome dello stretto toracico. E poi?
Tendenzialmente non viene affatto esaminata, anzi risulta spesso misconosciuta, l’estrema frequenza della sua tendinite e/o ancor di più della sua contrattura, con le molteplici implicazioni che ne derivano, da cui diventa obbligatoria la conoscenza della sua modalità di gestione.
Il muscolo piccolo pettorale ed il suo conseguente trattamento sono fondamentali nell’approccio terapeutico di diversi quadri clinici, in ragione delle importanti strutture vasculo-nervose che scorrono al di sotto delle sue fibre.
Essendo indispensabile dunque un richiamo anatomico, si ricordi la sua origine con tre digitazioni dalla terza, quarta e quinta costa e la sua direzione verso l’alto sino ad inserirsi sul processo coracoideo: esso traziona la scapola verso il basso, la ruota medialmente e la abduce, anteponendo e deprimendo la spalla; scorre tra il piano del grande pettorale superiormente ed il piano costale inferiormente.
Nelle ipercifosi e nei dorsi curvi mantiene l’anteposizione della testa omerale, quindi deve necessariamente essere allentata la tensione anteriore e restituito spazio per la respirazione. Si rammenti che prendendo punto fisso sulla coracoide eleva le coste diventando un muscolo inspiratore, ma se contratturato o in tendinite, blocca il torace o l’emitorace in espirazione. Ad esempio eseguire la manovra del piccolo pettorale bilateralmente nell’anziano significa restituirgli una grande capacità respiratoria.
E’ basilare aver ben presente che al di sotto di esso scorre un fascio vasculo – nervoso, costituito dal plesso brachiale e dall’arteria e vena succlavie, che può risultare compresso contro il costato e ciò compartecipa al perseverare di varie disfunzioni.
Nelle cervico brachialgie, laddove non si riconosce un disturbo radicolare, è indispensabile pensare sempre al plesso, così come nelle parestesie dell’intera mano, soprattutto se bilaterali, simmetriche, contemporanee, in assenza di traumi, presenti soprattutto al risveglio. Nel colpo di frusta cervicale i suoi disturbi propriocettivi possono risultare dal tentativo di parare il colpo difendendosi con le mani, dalla brusca estensione del tronco, dalla sua flessione nel tratto superiore accentuata dalla cintura di sicurezza.
In concomitanza a disturbi cervicali è imperativo considerare e di conseguenza trattare il piccolo pettorale, si tratti di contratture derivanti da lavori ripetitivi anche se leggeri, da infortuni lavorativi o sportivi, piuttosto che da vizi posturali.
Nella patologia di spalla, per procedere alla sua rieducazione complessiva, ripristinare una corretta centratura della testa dell’omero sulla glena ed una funzionale sinergia muscolare, diventa indispensabile liberare il comparto anteriore e perciò il piccolo pettorale, insieme al succlavio ed agli scaleni, per poter in seguito continuare con gli esercizi propri per la cuffia dei rotatori ed i fissatori della scapola. Il gran dentato, con la rieducazione specifica dei suoi tre fasci, rappresenta un altro muscolo trattato approfonditamente dal metodo neuro anatomico Bourdiol-Bortolin, considerata l’importanza che riveste nella stabilizzazione della spalla in toto. Questo approccio riguarda le tendiniti, le capsuliti così come la chirurgia.
Nella chirurgia della mammella e nella ricostruzione del seno in seguito ad essa risulta sempre interessato; si rammenti la sua innervazione, nervo del piccolo pettorale e la sua vascolarizzazione, arterie toraco acromiale, intercostali e mammarie.
Negli squilibri posturali: secondo il concetto neuro anatomico Bourdiol-Bortolin il recupero del mesoderma ovvero della componente muscolare, legamentosa, articolare, avviene progressivamente sempre a tre livelli: segmentario, delle catene e del sistema posturale antigravitario nel suo insieme, quindi in questo caso spalla, tratto cervicale, tratto dorsale (segmentario), arto superiore (delle catene) e sistema rachideo e antigravitario a partenza dal piede (sistema tonico-posturale).
Perciò per ottenere una normalizzazione dapprima segmentaria è fondamentale eseguire, oltre alle altre tecniche di terapia manuale, il point ressort (o punto molla) del piccolo pettorale, degli scaleni e del succlavio, una manovra tanto efficace ed utile quanto semplice e sicura. Si procede sempre perpendicolarmente alle fibre del muscolo (o del tendine) al fine di inibirne la contrattura attraverso l’attivazione dei recettori neuro-tendinei del Golgi, ottenendo di conseguenza un abbassamento del tono.
Per noi, che guardiamo la persona in toto, liberare anteriormente il piccolo pettorale, gli scaleni, il succlavio dal punto di vista muscolare, le dorsali posteriormente dal punto di vista articolare, rieducare la spalla nel suo insieme, recuperare il tratto cervicale con le tecniche specifiche e il diaframma dal punto di vista respiratorio, rappresenta un tutt’uno nell’affrontare numerosi disturbi del comparto superiore per poi procedere al trattamento posturale globale.
Graziella Bidin, fisioterapista co-titolare studio di fisioterapia Ygieia Latisana (UD)